Ay, come besé tu boca salada
tus labios mojados de mar.

Bocca salata. Per lei era Bocca salata. Non avevano mai scambiato una parola e lei non aveva mai sentito il suo nome pronunciato dagli amici, perché non erano le loro le parole che ascoltava. Ma nel momento in cui aveva visto il ragazzo uscire dall’acqua, come una creatura marina, sapeva che quello, Bocca salata, era il suo nome.
Lei era sulla punta del molo, scrutando lo specchio scuro, indecisa se tuffarsi o no, quando aveva visto la figura chiara, sfumata muoversi sotto la superficie. Veniva dal mare aperto ed andava verso di lei. La figura si allargava ritmicamente allungando braccia e gambe, finché non emerse la testa bionda, fatta di contorni precisi, con la bocca aperta per prendere aria, le gocce che dai capelli scivolavano giù, fino alle labbra.
Bocca salata raggiunse gli scogli che affioravano, piantò un piede, fece forza con un braccio e salì. Lei seguiva tutti i suoi movimenti con attenzione, rapita. Tanto da non spostarsi di un centimetro per lasciargli posto, per dargli lo spazio necessario per passare dagli scogli alla stretta punta del molo dove si trovava.
Ma per Bocca salata lo spazio era sufficiente, non era un problema. Con un lungo passo nell’aria le fu accanto. Lei alzò gli occhi e strizzandoli un po’ per il sole guardo su, verso di lui. Anche lui la guardò, con i capelli che piangevano acqua di mare, il petto che si gonfiava chiamando aria, la bocca semi aperta per catturarla.
Fu in quel momento, quando tutto taceva e sentiva solo il tintinnio degli alberi delle barche, quando seppe qual era il suo nome. Le gocce che gli scivolavano veloci dalle dita le bagnarono il braccio e la mano. Poi lui se andò. E lei seppe cos’era l’amore.
Testo di Chiara Mancinelli
Illustrazione di Jana Kalc