Quando varcò la soglia illuminata del bar rimase impietrita. L’odore dolciastro ed acido delle bibite degli avventori, quello chiuso dello spazio poco ventilato e il fumo che volteggiava la tramortirono. Non era l’ambiente che si aspettava. Lo sguardo corse veloce sui tavoli visibilmente sporchi e sui pochi avventori presenti. E poi si posò sul giovane cameriere che aveva visto dalla finestra e che gli aveva ispirato fiducia. Ma dietro al bancone c’era un uomo grande, dalle braccia robuste e lo sguardo torvo. Non fece due passi indietro per tornare nel buio della sera solo perché temeva che avrebbe potuto prenderlo come un affronto. Respirò tutti quelli odori e si diresse con il suo piccolo passo calmo verso il primo tavolo occupato alla sua sinistra.
Un uomo solo, seduto con i gomiti larghi sul tavolo e la testa ciondoloni su un bicchiere di birra. – Buonasera – disse lei con tono flebile. Ed estrasse dal sacchetto di plastica che portava appeso al braccio tre presine fatte ad uncinetto. L’uomo alzò di poco la testa, quel tanto per mostrare due occhi celesti e gonfi, che magari un tempo erano stati anche belli. Bofonchiò qualcosa, guardandola ma non vedendola, rise mostrando una bocca scura e tornò a ciondolare sul suo bicchiere.
Attraversò allora una zona d’ombra dove in un tavolo all’angolo poco illuminato c’era una coppia. Anche loro stavano bevendo ma riuscivano ancora a tenere le teste in alto. La donna era truccata vistosamente e il caldo le aveva fatto colare un po’ di ombretto celeste. Anche il rosso delle labbra si era esteso tutto intorno alla bocca. Fumava tenendo un gomito appoggiato sul tavolo, mentre l’altro braccio era steso dietro la schiena dell’uomo accanto a lei. In quella posizione, i seni abbronzati e rugosi si mostravano ancora meglio attraverso la maglietta scollata che portava.
– Buonasera – disse di nuovo mostrando le sue presine. La donna socchiuse gli occhi e fece un debole sorriso, muovendo le dita laccate di rosso che tenevano la sigaretta e producendo un tintinnio con i braccialetti. A quel suono l’uomo si destò dal torpore che l’avvolgeva e distolse per un attimo lo sguardo dal seno della sua accompagnatrice. Non si accorse dell’altra donna, ma riuscì in un guizzo a vuotare il chupito che aveva davanti e ad infilare una mano insidiosa sulla gamba della donna truccata. Lei gli sorrise e soffiando via il fumo disse un numero con la voce roca di una fumatrice esperta. L’altra donna arrossì e si spinse questa volta verso il bancone dietro il quale c’erano le ultime due persone del bar.
Il ragazzo giovane stava armeggiando con delle bottiglie, mentre l’uomo grande e robusto, un po’ più distante, asciugava dei bicchieri con un canovaccio vecchio e ingiallito. Si rivolse per primo al ragazzo: – Buonasera – ed alzò la sua merce affinché potesse vedere. Il ragazzo la guardò, sorrise e aprì la bocca per rispondere. Ma non ne ebbe il tempo, perché fu fermato dalla voce imperiosa dell’altro che lo chiamò per nome.
– Dodo – rombò l’uomo robusto senza alzare gli occhi dai bicchieri. – Prendi una presina dalla signora. Il ragazzo lo fissò con lo sguardo perso senza capire. – Allora! – rombò di nuovo – muoviti, che devi ancora mettere a posto le bottiglie! – Dodo si attivò in un attimo e, sollecito, guardò le presine e scelse una tonda con i bordi azzurri e il centro giallo e fucsia. Si mosse poi rapido verso la cassa, dietro l’uomo, ma quello ancora più velocemente lo scacciò con un – Va via! Fazo mi-.
Lei osservava la scena un po’ divertita e un po’ spaventata, catturata dalle braccia dell’uomo che, anche se anziano, si gonfiavano per i movimenti facendo muovere una sirena tatuata. Dodo si allontanò a testa bassa avendo prima cura di depositare la presina vicino alla cassa. L’uomo bofonchiò qualcosa a denti stretti, si gettò il canovaccio sulla spalla e si girò verso la cassa che aprì assestando un pugno al cassetto.
La vibrazione fece muovere di poco uno specchio tra le bottiglie che le fece vedere come una spettatrice furtiva il contenuto della cassa. C’erano monete e due banconote. L’uomo prese quella con il taglio maggiore, la strinse tra le grosse dita per stirarla e con sguardo basso si girò e si sporse con il busto e il braccio con la sirena oltre il bancone per raggiungere la piccola venditrice. Lei lo guardò con occhi grandi, celesti ed esterrefatti e incrociando gli occhi di lui, piccoli e vispi, stretti da due potenti guance rosse.

Quando la sua manina si stava tendendo verso quella grande e grossa di lui, il gesto fu interrotto dall’uomo con la testa ciondoloni. Con un guizzo si era messo in piedi mandando la sedia a gambe all’aria, cantava, rideva e andava dritto verso la donna truccata con le braccia protese e le mani aperte. L’altro si era alzato e diceva irritato: – Ci sono prima io-.
Con uno schiaffo sul bancone, l’uomo lasciò lì la banconota e gridò a Dodo di portargli l’attrezzo. Dodo, sollecito come sempre, sparì dentro una stanzina illuminata a neon per ricomparire con una mazza in mano che porse all’altro. L’uomo se l’appoggiò sulla spalla, con la stessa naturalità usata con il canovaccio, e marciò deciso verso la rissa. Mentre l’uomo sfilava fuori dal bancone, lei ebbe il tempo di vederlo tutto d’un pezzo. Le gambe lunghe, le larghe spalle, i folti baffi e i radi cappelli bianchi. Era attratta da quella figura che le aveva mostrato gentilezza pur temendola ogni volta che usciva quella voce potente.
Ma non volle assistere all’esito della rissa, si era sentita già di troppo. Con gesto timido prese la banconota ed uscì.
Continuerà
Testo di Chiara Mancinelli
Illustrazione di Jana Kalc