Viaggio tra i libri in compagnia di George Orwell

Se il nostro consumo di libri rimane basso come è stato, almeno lasciateci dire che è perché leggere è un passatempo meno eccitante rispetto alle corse dei cani, al cinema o al pub, e non perché i libri, comprati o presi in prestito, sono troppo costosi.
George Orwell, Memorie di un libraio (Garzanti, 2021)
Non mi piace sottolineare i libri, eppure questo libro lo avrei sottolineato quasi tutto.
Memorie di un libraio di George Orwell, nella edizione Garzanti, è un libricino piccolo, di forma quasi quadrata che conta con 87 pagine appena. Eppure, è un grande libro.
Raccoglie diversi interventi dell’autore: Memorie di un libraio, Buoni brutti libri, La prevenzione della letteratura, Libri come sigarette, Confessioni di un recensore, Perché scrivo apparsi tra 1936 e il 1945-’46 sui giornali.
Scopriamo di più su Eric Arthur Blair, che sceglierà come pseudonimo George Orwell, sulla sua esperienza come libraio e su come, paradossalmente, non ne sia stato per niente entusiasta. Il dover mentire sui libri, il relazionarsi con un pubblico che sarebbe una seccatura ovunque fecero perdere il fascino a quei libri che Orwell amava così tanto.
L’odore dolciastro della carta in decomposizione non mi attrae più. Lo associo troppo, nella mia mente, ai clienti paranoici e ai mosconi morti.
Anche se diventa più selettivo nella scelta dei libri da acquistare, Orwell continua ad amare i libri. Difende la lettura analizzando quanto poco costi leggere in proporzione al consumo di sigarette.
E insieme alla lettura, difende la scrittura, la libertà dello scrittore, la scelta di raccontare verità, anche scomode, o i compromessi a cui deve scendere un recensore di libri.
Oltre al bisogno di guadagnarsi da vivere, secondo Orwell esistono quattro buone ragioni per voler scrivere: il puro egoismo, l’entusiasmo estetico, l’impulso storico e il fine politico. Lo scrittore analizza la sua scrittura, riflette sul perché scrive e su come lo fa.
Fin dalla più tenera età, avrò avuto cinque o sei anni, sapevo che da grande sarei diventato uno scrittore.
Memorie di un libraio è un viaggio tra i libri in compagnia di George Orwell.
In queste pagine emerge la grande passione dell’autore per i libri e per la scrittura, che analizza in modo personale ed oggettivo, cinico e curioso, mostrando, come in altre opere, di saper vedere oltre il suo tempo. “È interessante speculare su quali tipi di lettura sopravviverebbero in una società rigidamente totalitaria. I giornali presumibilmente continueranno a esistere finché le tecniche televisive non raggiungeranno un livello più alto, ma oltre ai giornali è difficile dire se già oggi, nei paesi industrializzati, la massa senta la necessità di una qualsiasi tipo di letteratura. È riluttante, comunque, a spendere per la letteratura anche solo lontanamente quello che spende per altre attività ricreative. Con ogni probabilità romanzi e storie verranno completamente rimpiazzati da film e programmi radio. O forse qualche tipo di narrativa sensazionalistica di basso livello sopravviverà, prodotta da un procedimento industriale, su nastro trasportatore che riduce al minimo l’iniziativa umana”.
Sull’autore: Eric Arthur Blair (1903-1950), per i più è conosciuto come George Orwell, è stato scrittore, giornalista, saggista, attivista e critico. Orwell è considerato uno dei maggiori autori del XX secolo grazie soprattutto alla La fattoria degli animali e a 1984, diventato un libro di riferimento del genere distopico. Per quest’ultimo fu influenzato da un altro autore del genere, Aldous Huxley, che fu suo insegnante all’Eton college. Durante la guerra civile spagnola, partecipò come volontario tra le file del POUM, Partido obrero de unificación marxista, sul fronte aragonese. Ferito gravemente, tornò a Barcellona, e, quando il POUM fu dichiarato fuorilegge, fece ritorno in Inghilterra. Da quest’esperienza nacque Omaggio alla Catalonia. Al di là di questi titoli emblematici, Orwell scrisse moltissimo riuscendo a descrivere gli eventi del suo tempo con uno stile asciutto e molto chiaro.
Testo e foto di Chiara Mancinelli