Festeggiamo la Giornata internazionale dell’Arte del 15 aprile parlando di Arte con tre creative
Il World Art Day è la giornata mondiale dedicata all’arte indetta dall’UNESCO che ha scelto per quest’evento il 15 aprile, il giorno dalla nascita di Leonardo da Vinci.
L’arte alimenta la creatività, l’innovazione e la diversità culturale ed incoraggia in modo fondamentale la curiosità e il dialogo tra popoli. Questo giorno, quindi, è dedicato a diffondere la conoscenza delle diverse espressioni artistiche, a sottolineare il contributo degli artisti e a sostenere l’importanza dell’educazione artistica nelle scuole.
Da Volat vogliamo contribuire al Word Art Day dando voce a tre artiste, tre creative con percorsi formativi ed artistici diversi accomunate da una passione: l’arte.
Parliamo con le illustratrici Daniela Calandra e Jana Kalc e con Sara De Monte, artista industriale.
Cosa rappresenta l’arte per te?
L’arte è una parte fondamentale della mia vita, la arricchisce e permette di esprimere la mia stessa essenza. Per tanto tempo sono rimasta lontana, ma l’arte, alla fine, ha trovato il modo di raggiungermi [Sara].
L’arte è l’espressione visiva e tangibile di una sensazione, di un ricordo, uno stato d’animo. È un sentimento strappato alla mente, tradotto ed impresso su una tela. È un mondo di infinite possibilità ma soprattutto è ricerca della bellezza. È rendere bello ciò che non lo è o esaltare in modo sublime ciò che lo è già da sé [Daniela].
Il concetto di arte è in continua evoluzione. Già con Marcel Duchamp, che con i suoi “readymade” modificandone l’utilizzo e cambiandone il significato trasformava oggetti qualsiasi in arte, si ha chiara l’idea che l’estetica non sia lo scopo finale dell’arte. Non è il bello in sé ma vedere le cose in maniera diversa che crea arte. Perché arte è esplorazione ed espressione. Esplorazione dell’interiorità, del variegato mondo che ognuno di noi porta in sé, della visone di sé e di quello che ci circonda e come lo interpretiamo. Un preciso sentire che viene espresso tramite forme, colori, concetti e parole. Arte è emozione, è natura, è visione [Jana].

Quando è entrata l’arte nella tua vita?
È accaduto in adolescenza. Sfoglio una rivista e vedo la perfezione delle statue di Antonio Canova. Per me è stata un’epifania. L’anno successivo ho cambiato classe pur di vedere dal vivo la magnificenza delle sue opere [Sara].
Da bambina visitando i parchi e musei archeologici siciliani, davanti ai templi greci, ai mosaici di Piazza Armerina o al Cristo dorato della Cattedrale di Monreale. Ricordo ancora con emozione le prime opere d’arte contemporanea che vidi dopo averne studiato i dettagli sui libri. Lo stupore fu ancora maggiore, per l’età più matura e quindi per la maggiore consapevolezza acquisita. A rapire la mia attenzione furono tre dipinti in particolare che mi lasciarono a bocca aperta per la loro potenza, forza dei colori e per la loro assoluta e, oserei dire, oggettiva bellezza: Il cavallo bianco di Paul Gaugin, Cosiendo la vela di Joaquim Sorolla e Judith di Gustav Klimt. Quel giorno al museo di Cà Pesaro a Venezia l’arte entrò in modo prepotente nella mia vita e lasciò in me la consapevolezza che non ne avrei più fatto a meno, in un modo o nell’altro [Daniela].
Da quando ho capito da bambina che disegnando allungavo una parte di me sul foglio. Vedevo un’infinità di cose in quelle macchie colorate. Da allora non ho più smesso di guardare ed emozionarmi di fronte a qualsiasi forma artistica mi capitasse davanti. E ovviamente non ho più smesso di disegnare. Comunque, il merito più grande lo devo ai miei genitori che hanno nutrito me e mia sorella con l’amore per la pittura, il disegno, le mostre, i libri d’arte e la storia [Jana].

L’arte è l’espressione visiva e tangibile di una sensazione, di un ricordo, uno stato d’animo.
Daniela Calandra
Il tuo percorso formativo è stato diverso: cos’hai studiato?
Liceo scientifico e laurea in Servizio Sociale, un percorso poco creativo [Sara].
Ho studiato architettura, seguendo le orme di mio padre che accese in me questa passione sin da piccola [Daniela].
Proprio questo amore per l’arte, per la storia dell’arte, per la storia dell’umanità nato durante le visite alle mostre e un amore fulmineo per la filosofia nato alle superiori mi ha fatto scegliere Scienze dei Beni Culturali con il curriculum archeologico. Per poi finire a scrivere la tesi in Archeozoologia, fare un corso di specializzazione in Archeobiologia e a anni dalla laurea fare anche un corso di perfezionamento in tutela del patrimonio culturale. Forse non molto coerente visto da fuori, ma un percorso inevitabile per me che vedo nel cambiamento e nell’evoluzione una parte fondamentale nella crescita di tutti noi [Jana].

Se potessi tornare indietro faresti una scelta diversa?
A lungo ho pensato che sarebbe stato meglio entrare nel mondo lavorativo subito dopo il liceo, ora ho fatto pace con il passato e con le mie scelte e credo che la mia identità, ciò che sono oggi siano il risultato di infinite piccole e grandi decisioni prese fino ad ora e che va bene così. Sono convinta anche che ogni giorno sia una tela bianca su cui possiamo dipingere una nuova vita [Sara].
La mia scelta di frequentare l’università di architettura è stata dettata da una grande passione ed inoltre il mio interesse per l’arte e la pittura in particolare si è accesa un po’ più avanti quindi no, non farei una scelta diversa tornando indietro. Nonostante adesso senta la mancanza di una formazione completa e prettamente artistica, credo che l’aver studiato architettura non possa che dare del valore aggiunto al mio approccio all’arte, considerando poi che queste due discipline non sono poi così lontane tra loro e che ad un certo punto nella storia si toccano fino a sovrapporsi [Daniela].
Un mio sogno era iscrivermi all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Sicuramente adesso avrei una base più solida su cui lavorare se solo avessi battuto la paura. Quante volte mi sono segnata le date degli esami di ammissione, provato a prepararmi per le varie prove ma la maledetta paura di non essere abbastanza brava, abbastanza preparata, di non avere la giusta scuola superiore alle spalle mi ha sempre bloccato. Buffo poi come queste paure si ripropongono. Non è forse la paura di non essere abbastanza preparata che mi fa pensare di dover per forza avere l’accademia alle spalle per definire solidi i miei lavori? [Jana].



Cosa senti quando stai creando?
Totale libertà [Sara].
Libertà, tanta pace ed un leggero brivido per l’ignoto, per la strada che sceglierò tra le mille possibili a mia disposizione [Daniela].
È una sensazione di pienezza. Di solito quando voglio disegnare qualcosa che non ho mai disegnato prima devo innanzitutto analizzarlo, capirlo, farlo mio. Si può vedere anche come una serie di problemi da risolvere, quando ne risolvo uno tutto magicamente diventa fattibile, semplice e meraviglioso. Sono momenti di stupore e soddisfazione. Davanti a me si apre un’infinita possibilità di creazione. Mi fa sentire viva [Jana].
Quali sono i tuoi soggetti preferiti e con quali tecniche ti senti più a tuo agio?
Mi piace rappresentare concetti di crescita personale, spunti di riflessione con la tecnica Mixed Media. Prediligo colori scuri e ruggine, ingranaggi e altri oggetti metallici [Sara].
Sono molto attratta dal rappresentare scene figurative, che raccontano la vita reale, un sogno, un sentimento, un’immaginazione o una storia. Mi piace molto confrontarmi con questo tipo di racconto visuale cercando di non eccedere nella descrizione per mantenere una certa ambiguità e lasciare libertà di interpretazione allo spettatore. Da piccola guardavo incantata i quadri delle case che frequentavo e mi divertivo ad immaginare le vite dei protagonisti, del come e perché fossero arrivati lì. Mi piace pensare che le mie illustrazioni o quadri possano suscitare la stessa curiosità e immaginazione in chi li guarda. A seconda di quello che ho in mente e dipendendo anche dal mio stato d’animo utilizzo tecniche diverse. Ultimamente uso molto l’acrilico e la tecnica digitale, tuttavia credo che l’olio sia la mia tecnica preferita, soprattutto per la sua incredibile versatilità [Daniela].
Ultimamente sto sperimentando tanto con la gouache e le matite colorate. Ma c’è anche tanto acrilico, acquarello e inchiostro. Diciamo che è tutto un misto di tecniche e intuizioni. Così anche i soggetti sono vari e variegati. Da sempre adoro disegnare animali anche se la figura umana mi intriga molto in questo periodo. Ma in assoluto amo creare creature fantastiche, animaletti antropomorfi, portatori di gioia anche quando sono tristi e disperati [Jana].

Davanti a me si apre un’infinita possibilità di creazione. Mi fa sentire viva.
Jana Kalc
Hai dei riti o delle manie quando crei?
Ho un quaderno in cui annoto tutte le idee, gli input e le suggestioni che ricevo sia dal mondo esterno che interno. Parto sempre da un’immagine, una specie di illuminazione, che ho nella mia testa e poi la realizzo sulla tela bianca [Sara].
Nessun rito in particolare. In realtà creare è un processo che non si ferma mai. Comincia molto prima di prendere in mano matita o pennello e non si arresta quando metti via gli strumenti. Se sto lavorando a qualcosa in concreto, quello che faccio costantemente è osservare con attenzione e approfondire tutto quello che mi riporta all’idea che ho in mente, molto prima di sedermi a plasmarla. Una volta che la ricerca preparatoria mi soddisfa, mi metto all’opera e a quel punto…lascio fluire il mio istinto senza più filtri [Daniela].
Non potrei disegnare senza la musica, mi concentra e mi trasporta nello stato perfetto per creare. E poi tassativo ho bisogno di avere qualcosa da sorseggiare che sia acqua, thè o tisana come pausa rigenerante, soprattutto nella fase di progettazione di una nuova illustrazione. E poi mi piace avere pezzi di carta con schizzi, scarabocchi sempre intorno a me, per ispirarmi meglio [Jana].





Il tuo percorso artistico è stato anche un percorso di consapevolezza personale?
Assolutamente sì. Creando creo me stessa. Cerco di capire i miei limiti e superarli con una creazione artistica che diventa un mantra da ripetere. Ho realizzato una tela con scritto ‘Sii la prima scelta soprattutto di te stessa’ per ricordare ad ogni donna di dire sì a se stessa e no agli altri [Sara].
Nel mio caso questo percorso è solo all’inizio ed è possibile che mi porti ad una maggiore consapevolezza di me, tuttavia al momento lo definirei piuttosto un percorso di accettazione personale. Qualsiasi forma d’arte, come lo è la musica per esempio, implica onestà. Per riuscire a godere del ‘viaggio’ artistico al meglio non c’è spazio per la falsità, non si può che essere onesti. Come lo stesso Da Vinci insegna, l’arte è una continua ricerca della verità, sia essa appropriata o del tutto sconveniente. Nel mio percorso parto consapevole dei miei difetti e limiti e confido di riuscire ad utilizzarli come strumento per arricchire il mio bagaglio personale. È un processo lento, ma con l’arte non si può aver fretta [Daniela].
Sì, penso proprio di poter dire di sì. Negli anni ci sono stati momenti in cui ho lasciato un po’ da parte questo mio lato creativo e quando ho ripreso in mano la matita ho ripreso in mano contemporaneamente anche le redini della mia vita. Superando sfide all’apparenza difficili con l’illustrazione ho aumentato l’autostima e ho riscoperto me stessa [Jana].

Creando creo me stessa.
Sara De Monte
Il tuo momento più felice e quello più buio?
Parto dal momento più buio. L’adolescenza, perché non ero in grado di gestire le mie emozioni e qualunque no ricevuto, qualsiasi delusione erano una tragedia nel mio cuore che non riusciva a sopportare. Per quanto riguarda la felicità, di momenti ce ne sono stati tanti. Il mio matrimonio a Las Vegas. Vedere i Sakura in Giappone. Tenere in braccio la mia nipotina appena nata. Essere scelta come artista della mostra Crevaduris. Però sono certa che il momento più felice deve ancora arrivare [Sara].
Il più felice è senz’altro quando il risultato supera le aspettative e la mia stessa immaginazione, perché scopro un cammino nuovo o perché accade qualcosa di inaspettato. È il bello della pittura che ti permette di trovare la chiave giusta in un modo sorprendente. La sorpresa è il momento più felice. Quello più buio è quando, tristemente, non riesco a salvare niente di quello che ho fatto in un’intera giornata [Daniela].
Il momento più felice è stato senza dubbio quando ho illustrato il libro di Chiara. Una sfida vinta e una grande soddisfazione personale. Il momento più buio per fortuna non c’è stato, anche se ovviamente ci sono stati momenti di frustrazione quando l’ispirazione proprio non arrivava, quando per giorni, settimane, mi è sembrato di non essere capace di disegnare. Questi però sono tutti momenti normali del processo creativo [Jana].



Illustrazioni di Jana Kalc per il libro Il cacciatore di fari (Chiara Mancinelli, Robin 2020)
A che progetti stai lavorando?
Ho tantissime idee che sono ancora in stato embrionale e le sto sviluppando. Posso solo anticipare che riguarda il processo creativo. Per quando riguarda la tela che sto ultimando rappresenta la bassa marea e l’ho realizzata dopo aver ascoltato l’intervista ad una consulente mestruale e del ciclo [Sara].
Ho diversi progetti in ‘cantiere’ che spero di concludere entro l’estate, tra cui un paio di incarichi, la partecipazione ad un concorso d’illustrazione editoriale ed un lavoro personale di grandi dimensioni. In questo preciso momento tuttavia sto lavorando ad un’illustrazione ispirata ad una poesia che presto verrà pubblicata su volat.blog [Daniela].
Sto preparando la mia proposta per il concorso Città del sole, aggiornando il mio portfolio e iniziando un progetto personale di illustrazioni dei miei ricordi più belli delle mie nonne che vorrei sviluppare in tre libricini o tre racconti. Tre? Già, perche le nonne sono proprio tre [Jana].
L’arte può salvare?
L’arte salva l’artista in primis. Poi penso che l’arte metta in contatto lo spettatore con le proprie emozioni e può fornire un nuovo punto di vista [Sara].
Il semplice gesto passivo di ammirare un’opera d’arte scatena nell’essere umano un aumento repentino di dopamina nel cervello, l’ormone responsabile della sensazione di piacere intenso e benessere. Realizzare una qualsiasi disciplina artistica in modo attivo, moltiplica la produzione di dopamina a livello esponenziale. Sì, l’arte può salvare dalla noia, dalla tristezza…dalle piccole grandi miserie della vita umana, può renderci capaci di sentire un piacere così intenso da vincere il pessimismo, curare ferite e renderci più forti. Può allenarci a vedere il bello e a cercarlo nelle nostre vite [Daniela].
Sì, e lo fa ogni giorno. Ci fa entrare in contatto con il nostro intimo, ci salva dalla tristezza, dalla noia, da un cuore spezzato, dall’apatia. Ci fa apprezzare il mondo intorno a noi e ci insegna a guardarlo con occhi diversi, a sorprenderci ancora, nonostante tutto [Jana].
Grazie a Daniela Calandra, Sara De Monte e Jana Kalc