
Quando era piccola, in un momento preciso prima di scivolare nel sonno, aveva visto gli oggetti muoversi. Non era capitato spesso, un paio di volte appena, però era successo.
Il ricordo è ancora abbastanza nitido. Distesa su un fianco, con il viso appoggiato sul cuscino aveva visto una parte del suo passeggino per le bambole danzare e piroettare per brevi istanti. Poi, bianco e pallido nell’oscurità, era tornato al suo posto. Immobile di nuovo.
Si chiede, adesso, seduta in quel vagone della metro dove non c’è nessuno, se i tubi gialli facciano lo stesso tra una stazione e l’altra, protetti dal buio della galleria che li avvolge, al riparo da spettatori indiscreti. La loro forma allungata, longilinea e la distribuzione parallela ed ordinata che li separa li rendono esecutori perfetti di un immaginario ballo da sala. Volteggerebbero impeccabili, con grazia, intersecando i lunghi colli in armoniose piroette. Concluderebbero la loro danza salutandosi rispettosamente con un inchino e con leggiadria tornerebbero ordinatamente ai propri posti.
Decide di scendere per non disturbare oltre.
Testo e foto di Chiara Mancinelli