Raccontini

La scrittura fin da piccoli

Nel 2019, a causa di una crisi lavorativa diventata anche crisi personale, ho riabbracciato la scrittura creativa. Perché, in realtà, le storie abitavano nella mia testa fin da quando ero piccola solo che, complice gli impegni di studio e quelli lavorativi, gli obblighi avevano spinto in un angolo un’attività che mi piaceva fino a farmela dimenticare.

Quando due anni fa decisi di creare un nuovo word per mettere nero su bianco la scena che non mi abbondava da giorni, lo feci con un po’ di vergogna anche se quel file era sul mio computer, nessuno poteva accedervi e tanto meno avevo reso pubblica la mia intenzione. Quel senso di vergogna mi riportò indietro nel tempo, proiettandomi nell’aula della V elementare, in piedi vicino alla cattedra con il grembiule blu.

Raccontini di Chiara Mancinelli

“Chiara ma tu scrivi?”. È la maestra Tiziana, la nostra insegnate di italiano, che me lo chiede. Ci ha assegnato dei “Racconto io” liberi ed ho scritto una storia che avevo in mente. Ma mi vergogno, chissà perché non mi sento a mio agio (ho gli occhiali, l’apparecchio e sono la più alta della mia classe), chissà perché è una cosa che mi sembra troppo da grandi. Dico di no.

Negai l’evidenza ma non mi fermai e tra la quinta elementare e le medie scrissi i miei primi racconti su fogli e foglietti rigorosamente nascosti. Poi venne l’amore adolescenziale ed iniziai con le poesie, ma l’Amore giovane è un’altra storia. Ritrovare quei “raccontini” da adulta, dopo essere riuscita a pubblicare un libro, aver fatto pubblica la mia passione quindi, mi riempie di emozioni e mi fa anche riflettere.

Quanto è importante avvicinarsi alla scrittura fin da piccoli? Qual è il ruolo degli insegnanti?

Ne parlo con due maestre, Monica Nanni e Tiziana Pastoricchio, con Marzia Gherbaz, traduttrice e scrittrice, e con Mattia, un bimbo di quasi 8 anni.

Maestre, perché è importante imparare a scrivere? Imparare a scrivere, che è collegato all’imparare a leggere, per i bambini è indubbiamente un grande traguardo e una soddisfazione per noi insegnanti che offriamo loro tutti gli strumenti possibili; la prima parolina, letta e scritta, è la chiave che apre la porta ad esperienze “da grandi”, dona ai bambini la sicurezza e la consapevolezza del “so fare”, e se ben guidati aumentano la loro autostima [Monica]. È importante perché comunicare in modo efficace crea emozioni sia allo scrittore che al lettore. Quando si capisce che con una manciata di lettere si può far piangere, ridere… è come aver raggiunto la cima di una montagna [Tiziana].

Lo stesso concetto ci viene spiegato con un esempio da Mattia: secondo lui, è importante saper scrivere per il gioco del silenzio, così si può scrivere quello che si pensa. Ma secondo te è importante saper scrivere per spiegare ad esempio se sei triste o sei felice? Sì, per sentirsi felice. Se tiri fuori le cose ti senti meglio.

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Se tiri fuori le cose ti senti meglio.

Secondo Monica, infatti, con la scrittura i bambini imparano via via a descrivere situazioni, ad esprimere soprattutto opinioni e sentimenti. A volte alcuni scrivono ciò che non riescono a dire, per una serie di motivi, come la timidezza, o la paura di essere giudicati. Sta all’insegnante far superare questi ostacoli. Il percorso è lungo e dipende da vari fattori, uno fra i più importanti è dato dalle relazioni che si instaurano in una classe; se si riescono a sbloccare le paure del comunicare ciò che si scrive, allora si aumenta l’autostima e si incentiva ancora di più la scrittura stessa. Questi bambini, con molta probabilità, diventeranno degli adulti capaci, oltre che di scrivere, di vivere la loro vita con spiccate capacità di autocritica.

Marzia, cosa significa invece per te la scrittura? La scrittura è apertura. Verso il mondo, verso gli altri, ma anche nei confronti di se stessi: è un aprire al lettore le porte della propria intimità, quella di cui ci si vergogna, che non si vuole rivelare a nessuno. Quando rileggo alcuni brani che ho scritto nel mio romanzo, a tratti mi chiedo come abbia avuto il coraggio di rendere pubblici alcuni concetti, di raccontare alcune storie che, per quanto non basate su fatti reali, potrebbero dare a chi legge un’idea distorta di come sono. Ma immagino sia uno scoglio a cui va incontro qualsiasi scrittore. La scrittura, secondo me, è coraggio: il coraggio di mettere nero su bianco una storia, che sia vera o inventata, che sia banale o rivoluzionaria.

Ricordo di averlo scritto al Rifugio Scoiattoli, sotto le Cinque Torri, al confine tra Alto Adige e Veneto, mentre aspettavo con mia madre che mio padre e i suoi amici tornassero da un’arrampicata. I miei racconti da piccola avevano sempre una vena leggermente “tragica”, untratto che mi ha accompagnata nella scrittura fino ad oggi.

La scrittura, secondo me, è coraggio

Quali sono quindi gli strumenti, i modi, i metodi per avvicinare e stimolare la scrittura fin da bambini? Deve essere un percorso graduato iniziando a giocare con le parole. Bisogna aver pazienza, accettare i tempi dei singoli alunni, guidarli, correggerli ma senza mortificarli… si trova sempre “qualcosa” per cui valga la pena manifestare un complimento. Il percorso di scrittura è strettamente legato alla lettura ad iniziare da quella dell’insegnante. Ascolto piacevole e no compiti su quanto ascoltato: il piacere andrebbe a farsi friggere. È un percorso lento e graduato che, nella maggior parte dei casi, dà soddisfazioni a chi insegna e soprattutto agli alunni (anche ai meno dotati) [Tiziana].

Anche secondo Monica, il gioco e la lettura sono fondamentali: con i bambini occorre stare attenti a non far diventare la lettura e la scrittura un dovere, ma un piacere. Occorre iniziare a giocare con le parole, smontarle, rimontarle per crearne di nuove anche se ne escono di improbabili, e quelle improbabili possono essere lo stimolo per creare storie fantastiche, comiche, metasemantiche come ad esempio la poesia de Il lonfo, che fa tanto ridere i bambini; giocare con le rime è un altro esercizio che li stimola a ricercare parole nuove, e questo serve per l’arricchimento del linguaggio.

Un aspetto importante è la lettura dell’insegnante, che deve essere coinvolgente; un insegnante che legge senza tono, inespressivo, come fosse un annunciatore televisivo, rende noioso il più avvincente dei testi, allontana i bambini dal piacere di leggere.

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Ma sentiamo l’opinione di un diretto interessato: Mattia, a te piace leggere? Sì.

Leggi da solo? Da solo.

Scegli tu i tuoi libri o mamma e papà ti aiutano? Io.

Perché scegli un libro in particolare? Cosa ti piace? I disegni della copertina, sono curioso di sapere come sono fatti.

Qual è la tua storia preferita? L’incredibile viaggio di Panda.

E perché ti piace? Mi piace la storia e perché insegna tante cose.

E ti sei mai inventato una storia? Sì. Invento le storie e poi gioco.

Mi racconti una storia che ti sei inventato? A casa c’erano dei cagnolini che andavano a dormire. Noi festeggiavamo il Capodanno. Quando i cagnolini si sono svegliati hanno festeggiato il Capodanno insieme a noi.

L’hai raccontata a voce? Sì.

Hai fatto un disegno? Sì.

E hai mai pensato di scrivere le storie che ti inventi? Mi piace fare i disegni. Quando papà avrà tempo libero faremo un album con le rime e i disegni. Abbiamo già una rima: la mac-chi-na pat-ti-na.

Mattia conferma nella pratica quanto affermato dalle insegnanti: lettura e gioco sono fondamentali.

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Marzia, ricordi il tuo primo racconto? E il perché l’avevi scritto? Ho chiesto a mia madre di tirar fuori dalla sua agendina i miei due “romanzi d’esordio”. Riporto qui uno dei due.

LIZZIE, BAMBINA NEGRA

Lizzie era una piccola bambina che, purtroppo era stata fatta schiava dagli italiani. Come tutti doveva fare dei lavori molto duri, tipo badare a tori e cavalli selvaggi oppure stare tanto tempo sulla ghiaia con le ginocchia nude coi cani da guardia addestrati, se Lizzie si muoveva loro la mordevano. Lizzie era mora, aveva gli occhi marroni e una vispa felicità. I suoi genitori erano morti durante la guerra, e la povera tredicenne era rimasta sola nelle mani di quella gente crudele. Un bel giorno, anzi bellissimo, Lizzie incontrò il figlio del capo degli Italiani, il quale le spiegò che per far diventar “docile” suo papà, bisognava chiedergli la pace. Lizzie gliela chiese e da allora Lizzie diventò figlia adottiva del capo.

Maestre, è cambiato l’approccio alla scrittura negli ultimi anni con le nuove tecnologie? Le nuove tecnologie (programmi di videoscrittura o altro alla portata dei bambini) sono un aiuto e si integrano con le classiche. I bambini le usano molto volentieri [Tiziana]. 

Secondo Monica, invece, quando iniziarono a comparire i primi cellulari, i ragazzini si limitavano a scrivere messaggi stringati, conclusi da un “tvb”. “Penso che questo abbia cambiato molto le cose e il lavoro dell’insegnante sia diventato più difficile”.

Marzia, concludiamo con una domanda per te: credi che oggi saresti una scrittrice se non avessi scritto da piccola? Credo che scrittori si possa diventare a tutte le età, ma sicuramente chi fin da piccolo ha tanto letto e tanto scribacchiato sarà più propenso a voler raccontare le proprie storie.

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Credo che scrittori si possa diventare a tutte le età, ma sicuramente chi fin da piccolo ha tanto letto e tanto scribacchiato sarà più propenso a voler raccontare le proprie storie.


Mattia fa la II elementare e tra poco compirà 8 anni.

Marzia Gherbaz è traduttrice ad autrice del romanzo E vivere. Il tempo delle successioni (Robin, 2020).

Monica Nanni è stata insegnante elementare tra il 2005 e il 2011.

Tiziana Pastoricchio è stata maestra tra il 1990 e il 2018.


Grazie a tutti voi

Chiara Mancinelli

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