Trieste. O del nessun luogo.

Recensione di Chiara Mancinelli del libro "Trieste. O del nessun luogo" di Jan Morris (Il Saggiatore, 2014). Un libro di viaggio e di memoria della storica e scrittrige gallese sulla città di Trieste.

Ho l’impressione che se mai Trieste dovesse farsi pubblicità sui cartelli stradali, come certe città della Francia (…), tutto ciò che avrebbe bisogno di enunciare su se stessa sarebba la sua triestinità. Per me, questo è un luogo esistenzialista e il suo solo scopo è essere se stesso.

Jan Morris, Trieste. O del nessun luogo, Il Saggiatore (2014).

Da quando ho iniziato a seguire le iniziative per la candidatura di Trieste come città della letteratura per l’UNESCO, il nome di Jan Morris è sempre stato presente. Presa dalla curiosità, ho acquistato Trieste. O del nessun luogo, il suo libro, durante una delle mie ultime vacanze a casa. Jan Morris conobbe Trieste in veste di soldato (il cambio di genere avverrà nel ’72) quando la città era amministrata da inglesi e americani dopo la seconda guerra mondiale e vi tornò in più occasioni fino al 2001.

Il libro è un emotivo viaggio nel tempo attraverso gli elementi della città (monumenti, chiese, strade, mare, carso e vento) e i suoi abitanti (personaggi noti, come Svevo, Joyce, Saba, Casanova, Burton, e meno noti, come conoscenti o passanti anonimi). Grazie allo stile coinvolgente e alle descrizioni accurate, il lettore è proiettato nei luoghi e rivive in modo quasi tangibile le esperienze narrate dalla Morris.

L’autrice non è solo spettatrice, ma vive in prima persona Trieste e riesce a coglierne lo spirito, l’identità che, per la complessità caratteristica del luogo, non può essere ricondotta ad etichette specifiche, se non ad una: triestinità. Solo vivendo all’estero, mi sono resa conto di quanto possano risultare particolari aspetti quotidiani della mia città: cognomi, storie familiari, il dialetto e la cucina che raccolgono le influenze multiculturali passate e presenti, l’ombra di un antico passato glorioso, il senso di inadeguatezza nel presente. Una città che “zinzola”, una città che dondola, in bilico tra mare e carso, tempo e limiti geografici. È questa complessità, che stringe e al tempo stesso rende liberi, che colpisce Jan Morris, che a Trieste si sente a suo agio per riflettere, bighellonare tra le strade e sentire suo questo non luogo.

Probabilmente perché il viaggio a Trieste è una riflessione sul tempo anche personale della scrittrice, più che una ricostruzione storica fedele, ho trovato (aimè) le descrizioni riguardanti la Risiera di San Sabba, le foibe, la questione degli esuli e dei rapporti tra triestini italiani e sloveni troppo semplificate. Nel complesso comunque Trieste. O del nessun luogo è una bella lettura, un viaggio sentimentale attraverso una città, che anche se ci siamo nati, non smette mai di soprenderci.

Sull’autrice: Jan Morris, nata James Morris, (1926-2020) è stata storica, scrittrice di viaggio e giornalista. I suoi titoli più celebri sono la trilogia Pax Britanica e i libri di viaggio su Venezia, Trieste, New York e Hong Kong.

Testo e foto di Chiara Mancinelli

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