
Ci hanno espropriato del senso delle istituzioni e dei diritti del lavoro, derubato del futuro e della memoria nazionale, resi ostaggi di sette, inamovibili gerontocrazie e confraternite di fannulloni raccomandati, ma noi ce la prendiamo con i deboli anziché fare la rivoluzione contro la Casta per rovesciare il potere.
Il filo infinito di Paolo Rumiz (Feltrinelli, 2019)
Il filo infito è un viaggio per riscoprire il significato dell’Europa attraverso il suo santo protettore, Benedetto da Norcia, e i monasteri benedettini che hanno salvaguardato culture e tradizioni minacciate dalle barbarie. Barbarie che, non intendendo di spazi e di tempo, si ripropongono oggigiorno. Paolo Rumiz osserva con sguardo acuto la realtà che lo circonda, sia essa l’infinita attesa di un treno a Bologna, sia essa la bellezza di un monastero. E sa descrivere ciò che vede come pochi autori sanno fare: le riflessioni sullo stato dell’Italia e dell’Europa sono pugni allo stomaco, quelle sui monasteri che ha visitato, le persone che ha conosciuto, la natura, la musica e il silenzio di cui ha goduto, invece, un respiro che ossigena cuore e mente. Un’enorme dosi di speranza.
Sull’autore: Paolo Rumiz (Trieste, 1947) è giornalista, scrittore e viaggiatore. È stato corrispondente in Croazia e Bosnia negli anni Novanta e in Afghanistan nel 2001. Molti dei suoi libri sono reportage dei viaggi realizzati in Italia e nel mondo. A mero titolo di esempio citiamo alcuni tra i suoi numerosi titoli: Trans Europa express, Appia e il recentissimo Il veliero sul tetto. Appunti per una clausura.
Testo e foto di Chiara Mancinelli
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